Cecilio Di Prampero (1870-1937)
olio su tela, 1908, cm 148 x 97. Inv. 96210075
Firmato in basso a sinistra: Cecilio
Mantova, Biblioteca Comunale Teresiana
Il grande quadro raffigurante il filosofo giunto ormai in età avanzata viene donato nel gennaio del 1919 ad Roberto Ardigò al Comune di Mantova per essere collocato nella Biblioteca Comunale. La volontà dell’anziano pensatore è registrata in due lettere inviate da Mantova a Padova all’allievo e amico Giovanni Marchesini che, insieme a Vittorio Osimo e Piero Preda, sarà affettuosamente vicino al filosofo negli ultimi momenti della sua vita, curandone poi la volontà testamentaria.
Nella lettera del 2 gennaio 1919 al Marchesini, Ardigò, informa il discepolo, precedentemente nominato erede di tutti i suoi beni, che il busto in gesso e il mio ritratto grande a olio col solito tabarrone sono desiderati qui per metterli nella Biblioteca Comunale… Tale indicazione è ribadita in una successiva lettera del 23 gennaio.[1]
Marchesini, benchè dispiaciuto, obbedisce e i documenti conservati presso l’Archivio Storico del Comune di Mantova e presso l’Archivio della Biblioteca Teresiana informano che il trasporto di un quadro ad olio a tutta grandezza raffigurante Ardigò e di un grande busto in gesso con la scritta “nulla temo perché nulla spero” avviene nell’aprile del 1919 in occasione del trasloco dei mobili del prof. Ardigò da Mantova a Padova.
Il grande dipinto ritrae il filosofo ormai anziano. La sua figura, minuta per la vecchiaia come denunciano il volto scavato e le mani ossute, è resa solenne dall’ampio mantello di tessuto pesante che lo avvolge, un indumento che il maestro amava indossare nei lunghi mesi invernali. Ardigò, raffigurato sino alle ginocchia, è in piedi su uno sfondo neutro. Sul volto severo attraversato da profonde rughe, gli occhi infossati sono lasciati in penombra, sottolineati dalle sopraccigli bianche e folte. Le mani dalle lunghe dita nervose sono strette in grembo, in un gesto che gli era forse tipico e che troviamo in altri suoi ritratti fotografici. La bocca rimane completamente nascosta sotto i folti baffi macchiati di tabacco, mentre la lunga e curata barba bianca (profetica la definisce in una sua lettera) così caratteristica, spicca sui severi abiti scuri. La testa stempiata e grigia è volta a destra, mostrando il profilo sinistro del viso, quello che più spesso mostra nei ritratti fotografici.[2]
L’impostazione ufficiale e solenne del ritratto suggerisce un’occasione celebrativa. Il ritratto fu infatti realizzato a Padova nel 1908 dal pittore Cecilio Di Prampero (1870-1937). Il pittore padovano, molto apprezzato all’epoca come ritrattista, riceve la commissione da un comitato di settecentosettantacinque amici e ammiratori del filosofo in occasione del suo ottantesimo compleanno.[3] I quotidiani padovani diedero risalto all’evento e informano che l’opera, molto lodata da Ardigò, venne anche esposta per alcuni giorni all’ammirazione di tutta la cittadinanza.
Come spesso accadeva all’epoca, il ritratto è stato ripreso da una fotografia. Proprio dal raffronto con i ritratti fotografici del filosofo, scatti che lui stesso commissionava e selezionava per inviarle a editori, amici e discepoli, è possibile cogliere la resa fedele nel dipinto del volto del maestro a settant’anni, mentre dalle parole del suo epistolario e da quelle dei suoi discepoli ed estimatori recuperiamo l’immagine di un anziano, posato signore che amava fumare la pipa, leggere e scrivere nel suo studio circondato dai libri oppure passeggiare in solitudine per le vie cittadine e nei campi, riflettendo silenziosamente, simile assai, come sottolineano più volte i suoi discepoli,[4] al ritratto del filosofo che lo stesso Ardigò tracciava nel 1869: E’ il pensatore un uomo che ama la solitudine. Ma non perché sia privo di sentimenti benevoli, chè anzi in lui si trovano generosi… e nemmeno perché non apprezzi la stima e la lode degli uomini… nobilmente altero nella sua oscurità, solo egli rinuncia sdegnosamente all’onore che si acquista con le umili arti. Egli ama la solitudine, perché di nulla più si compiace, che nella vita del pensiero. Solo co’ suoi libri, si riflettono nel suo spirito, come in ispecchio, le idee dei tempi passati. Solo in mezzo ai campi, la natura ne tocca i sensi colla magia delle sue voci… e il pensiero rampolla più vigoroso nella sua mente, fatta quasi profetica. Nessuno è testimonio del lavoro che in essa ferve….
[1] Büttemeyer W., Lettere edite…cit., vol.II: 1895-1920, Frankfurt am Main, 2000, p. 439 n. 938. pp. 441-442 n. 942. Il 23 gennaio, nuovamente al Marchesini scrive: A questi del Municipio di Mantova premerebbe per collocare in memoria mia nella Biblioteca comunale il busto in gesso, il mio ritratto grande a olio … Il busto in gesso donato da Ardigò alla Biblioteca nel 1919 fu in effetti consegnato all’Avvocato Elleno Pezzi, segretario generale del Comune di Mantova nel 1919. Il busto fu collocato dall’Amministrazione Comunale alla nuova sede della nuova scuola elementare a lui dedicata in Palazzo Aldegatti. Un successivo documento del 1929 informa della collocazione del busto, su proposta di Cesare Ferrarini Direttore della Biblioteca, vicino alla parete della sala di lettura che è di fronte alla porta d’ingresso tra i ritratti del Pomponazzo e del Folengo. ASCMN, XV 2.1 1908, prot. 1027 del 7 aprile 1919; prot. 1234 del 7 marzo 1927. ABCMN, Nota dattiloscritta di Cesare Ferrarini che informa sulla collocazione dell’opera al 3 marzo 1927. Purtroppo però dopo tale data i documenti non registrano più la presenza di tale opera che ad oggi risulta dispersa.
[2] La nazione dipinta: storia di una famiglia tra Mazzini e Garibaldi, a cura di Maurizio Bertolotti, Milano 2007, p. 151-152; C. Pisani, Le raccolte storico artistiche della Biblioteca in C. Guerra La Biblioteca Comunale Teresiana fra storia e futuro, Mantova 2014, pp. 188-189.
[3] Cecilio Luigi Giacomo Di Prampero apparteneva a un ramo collaterale di una nobile famiglia friulana. Non si hanno notizie precise sulla sua formazione avvenuta comunque in ambito veneto. I primi documenti ne attestano a partire dal 1892 l’attività di abile restauratore e ritrattista. Fu patriota e combattente. Vedi Franceschetti P., Cecilio Di Prampero, un ritrattistra titolato, in “Padova e il suo territorio”, sett.-ott- 2019, p.29. L’artista era solito firmarsi con il solo nome di Cecilio, firma che infatti compare, vistosa, in rosso nell’angolo in basso a sinistra.
[4] Lo stesso passo è riportato in riferimento al ritratto ideale di Ardigò sia da Giovanni Marchesini che da Giuseppe Tarozzi; Marchesini G., Roberto Ardigò. L’uomo e l’umanista, Firenze 1922, p.59. Tarozzi G., Roberto Ardigò, Roma 1928, p. pp. 7-8.