Yishaq ben Yehudah Abrabanel. Profeti posteriori ...

Yishaq ben Yehudah Abrabanel
Profeti posteriori col commento di Yishaq ben Yehudah Abrabanel

Pesaro, Gershom Soncino, 1520.

396 c. (di 398 c. in quanto mancanti la prima e la quarta carta) : 2° (mm 333×230); caratteri ebraici; legatura coeva in quadranti di cartone rivestiti in pelle impreziosita da cornici, fregi, cantonali e losanghe centrali impressi a secco su entrambi i piatti; dorso restaurato in pelle con applicazione delle parti originali, delineato a comparti con nervi e ornato da rosette impresse a secco.

 Note di possesso sul frontespizio: timbro ad inchiostro rosso “Coll. Neophyt” e due timbri ad inchiostro nero non identificati in quanto illeggibili.
Il timbro ad inchiostro rosso si riferisce al Collegio dei Neofiti, o Collegium Ecclesiasticum Adolescentium Neophytorum o Pia Domus Neophytorum, seminario fondato a Roma nel 1577 da papa Gregorio XIII (1502-1585), per l’educazione degli ebrei e dei mussulmani convertiti al cattolicesimo: scopo del collegio era quello di dare una solida educazione cattolica a giovani che, diventati missionari, facessero opera di conversione una volta tornati nel loro Paese d’origine. Nel 1713 divenne un’istituto di assistenza assumendo la denominazione di Pii Operai; fu chiuso nel 1886.
Nota manoscritta sul contropiatto posteriore: “Isacci Abrabanelij [Comment] In Profet Posteriorij. Bartolocci tom. 3° fol. 87[7]”.
Presenti note marginali al testo manoscritte in scrittura latina ed ebraica ad inchiostro.
Provenienza: convenzione di deposito Regione Lombardia – Comune di Mantova, 25 marzo 2019
Collocazione: Rari, n. 89

L’opera è costituita dal commento al profeta Isaia per 128 carte, dal commento ai profeti Geremia ed Ezechiele per 162 carte e dal commento ai profeti minori per 108 carte: manca la prima carta, dove entro cornice silografica, si leggerebbe
tradotto dall’ebraico: Profeti posteriori con commento (di) Don Isacco Abravanel. (Libro) stampato in città d’Italia per mano del minimo dei tipografi piccolo dei discepoli, seme d’Israello, uomo di Soncino, noto in Giudea e in Israel nome suo (l’)
anno duecento ottanta del minor computo. Il Signore ci renda degni di fare molti libri sacri che sono senza fine nella legge del Signor nostro. Amen.
Visti i violenti toni anticristiani, l’opera venne vietata dalle autorità ecclesiastiche e civili e non è per l’appunto insolito riscontrare, come in questo esemplare, lacune e cassature eseguite dai revisori.

Yishaq ben Yehudah Abrabanel (1437-1508), è stato un commentatore biblico di origini portoghesi, vissuto anche in Spagna e in Italia. Assunse incarichi di consigliere e tesoriere alla corte del re del Portogallo Alfonso V (1432-1481), ma alla sua morte dovette abbandonare le due cariche perché accusato di tradimento dal successore Giovanni II del Portogallo (1455-1495). Fuggì in Castiglia per poi abbandonare definitivamente la penisola iberica per l’Italia quando fu decretata nel 1492 l’espulsione degli ebrei dai regni spagnoli mediante l’editto di Granada emanato da Ferdinando II d’Aragona (1452-1516).

Gershom ben Mosheh Soncino (1460-1534), iniziò l’attività tipografica, ereditata dal padre e dallo zio, a Soncino presso Cremona dal 1488 al 1490, stampando esclusivamente in caratteri ebraici. A seguito di un decreto di Ludovico Maria Sforza (1452-1508), che ordinava l’espulsione degli ebrei dal Ducato di Milano, si trasferì a Brescia, città che rientrava nei domini della Repubblica della Serenissima. Dal 1498 si suppone un suo trasferimento a Venezia fino al 1501 per poi spostare l’attività fra le Marche e la Romagna: lavora a Fano, Ancona, Pesaro, Rimini e Cesena dove pubblica testi in latino, ebraico e in volgare. I Commentarii di Abrabanel, è uno dei soli quattro testi pubblicati da Soncino al suo ritorno a Pesaro fra 1519 e 1520. Nel 1527 lasciò definitivamente l’Italia per continuare l’attività tipografica a Salonicco e Costantinopoli.

Motza pi ha-shem Hamishah humshe Torah mezukakim ...

Motza pi ha-shem Hamishah humshe Torah mezukakim ...
Be-Mantovah, Elihezer Selomoh me-Italiah, 5539 [1779].

[4], 248, 124 c. ; 8° (mm 186×127); marca tipografica al verso del frontespizio; caratteri ebraici; tagli di testa, di piede e davanti in colore rosso; legatura coeva in quadranti di cartone rivestiti in pergamena.
Antiporta con raffigurazione calcografica della “legatura di Isacco”. All’interno la scritta ’eqev (perché) rimanda al testo di Genesi 26:5, ritenuto essere un riferimento alla “prova”.
Nota manoscritta ad inchiostro sul frontespizio: “Fanno fede i sottoscritti essere questo il vero Torah sopra il quale può un Ebreo prestare solidamente il suo giuramento” segue: “Israel Ghedalia Cases Rabbino” e “Archipace Vivanti Rabbino”.

Israel Ghedalia Cases (1794-1840), medico, nel 1834 divenne rabbino maggiore a Mantova, dedicandosi dal 1836 all’insegnamento del Bené Zion, libro d’istruzione religioso-morale, testo obbligatorio nelle scuole ebraiche del regno Lombardo-Veneto.

Provenienza: acquisto da privato, 19 dicembre 2013

Collocazione: ARCO.118

Si tratta di una Torah con altri testi aggiunti fra cui le Haftarot (ossia brani dai “Profeti”) e le cinque Meghillot da leggersi nei Sabati e nelle Feste. Il titolo Motza pi ha-shem potrebbe essere tradotto con “ciò che esce dalla bocca di Dio”, citazione da Deuteronomio 8:3.

La marca tipografica raffigura, entro uno scudo, un felino rampante collocato al lato destro di una palma; corona l’immagine il motto tzaddiq kattamar yifrach ossia “il giusto, come palma, fiorirà” che è citazione dei Salmi / Tehillìm 92,12 (13). Curioso che il medesimo motto sia stato utilizzato due secoli prima dalla tipografia di Tobia Foà attiva tra 1551 e 1559 a Sabbioneta: anche la marca tipografica settecentesca ricorda quella delle edizioni Foà benché quella cinquecentesca ritragga la Stella di Davide al di sopra di due leoni rampanti collocati ai lati di una palma.