Uno dei nuclei caratterizzanti il patrimonio della Biblioteca è costituito dal Fondo dei Manoscritti, che ha preso avvio dalle cospicue raccolte librarie degli enti religiosi mantovani qui depositate all’indomani delle soppressioni di età austriaca e francese. Durante l’Ottocento e il Novecento, la Biblioteca ha proseguito nell’acquisizione di manoscritti, grazie a donazioni, lasciti, legati, nonché acquisti sui mercati antiquari.

Custodito nella novecentesca Sala Manoscritti (Blindata), composito per origine, cronologia, tipologia e natura dei testi conservati, il Fondo ammonta oggi a 1391 manoscritti, per l’arco cronologico di oltre un millennio, dal IX secolo (palinsesto di Bibbia carolingia nel ms. 446 benedettino) al XX secolo. 

Opere di interesse biblico, teologico, agiografico, omiletico e liturgico si affiancano a testi di tradizione classica o letteraria, materia giuridica, argomento scientifico, pratica medica e alchemica, fino a comprendere cronache storiche e diari di viaggio; e ancora, manoscritti in lingua latina, greca, ebraica, araba e persino copta.

Il Fondo tramanda un patrimonio d’inestimabile valore e sapere. Di particolare bellezza i codici miniati, provenienti da enti religiosi o commissionati da personalità di spicco, databili tra l’XI e il XVI secolo nei più fulgidi esempi, fra cui i codici appartenuti al monastero di San Benedetto Polirone. 

A fronte di pochi manoscritti provenienti dalle collezioni della famiglia Gonzaga (come il ms. 13, De principe del Platina, 1470-1471), altri volumi si configurano come testimoni importanti della storia cittadina (celebre il ms. 1019, Cronaca di Andrea Schivenoglia, sec. XV), altri ancora costituiscono l’eredità lasciata da eruditi e personalità eminenti del panorama culturale, come Giuseppe Acerbi (1773-1846) o Ippolito Nievo (1831-1861).

 

Il patrimonio antico a stampa, tradizionalmente circoscritto alle pubblicazioni fino al 1830, è stimato in circa 100.000 volumi: edizioni, non solo mantovane, del XVI secolo, volumi del XVII e XVIII secolo sono collocati fisicamente nella Sala blindata novecentesca, nelle Sale storiche monumentali e nei depositi della Biblioteca. 

Librerie private, religiose e monastiche di straordinario valore storico, letterario e scientifico hanno incrementato l’eccezionale patrimonio bibliotecario: nel 1780 la Biblioteca acquisisce, mediante uno scambio di doppi con la Biblioteca Braidense di Milano, un piccolo fondo di 100 volumi dei secoli XVI-XVIII appartenuti al botanico e medico svizzero Albrecht von Haller (1708-1777), contraddistinti dal caratteristico segno di possesso di Haller; nello stesso anno la Biblioteca riceve, dall’Accademia Reale, parte della biblioteca posseduta dalla famiglia Pico di Mirandola: sono opere di classici greci e latini, opere religiose di devozione, opere politico-diplomatiche edite soprattutto nel Cinquecento e Seicento, impreziosite da legature in cuoio e oro in cui al centro campeggia lo stemma gentilizio dei Pico.

Incunaboli

Sono i primi libri a stampa realizzati mediante caratteri mobili, diffusi fra la metà del XV secolo e l’anno 1500 incluso, definiti dal bibliofilo Bernhard von Mallinckrodt “libri in cuna”, ossia nella culla, nel trattato sull’arte tipografica De ortu et progresssu artis typographicae, stampato a Colonia nel 1639.

Il fondo si compone di 1292 volumi caratterizzati da 1089 edizioni italiane ed europee, acquisite in modo eterogeneo. La Biblioteca incamera il primo nucleo di incunaboli di proprietà del Collegio dei Gesuiti di Mantova, dell’eremo di Santa Maria dell’Annunziata di Medole, del Monastero di San Benedetto in Polirone, dei conventi dei padri minimi di San Francesco di Paola (in San Salvatore), della Certosa, dei Carmelitani, di San Francesco di Viadana, di San Domenico, di Santa Maria degli Angeli, di Sant’Agnese, di San Francesco di Mantova e delle Grazie di Curtatone, dei padri Cappuccini di Mantova e di Sabbioneta (in Vigoreto). 

Rilevanti sono anche le acquisizioni provenienti dalle librerie private di illustri mantovani mediante lasciti testamentari e donazioni: nel 1781 gli esemplari dell’avvocato Gaspare Aborghi (1649-1715) e del conte Giulio Cesare Negrisoli (m. 1761), nel 1866 quelli del letterato Ferdinando Negri (1792-1863), nel 1886 i volumi del conte e critico d’arte Carlo d’Arco (1799-1872), nel 1893 le edizioni del direttore dell’Archivio di Stato di Mantova Antonino Bertolotti (1834-1893) e nel 1899 quelle del marchese Ippolito Cavriani (1808-1893). 

La diversa tipologia delle provenienze (in prevalenza da biblioteche monastiche) propone una vasta gamma di argomenti di carattere religioso, pertinenti a temi di filosofia e di teologia, letteratura religiosa, diritto civile e canonico; si rilevano inoltre testi classici della letteratura italiana, greca e latina, opere di scienza e tecnica che trattano di medicina e filosofia naturale, opere di cosmografia, astronomia, astrologia, matematica e geometria, arte militare e architettura, storia e geografia, incluse le descrizioni di cose mirabili di città e paesi. La lingua dei testi risulta essere per la maggioranza quella latina ma vi sono inoltre testi scritti in lingua italiana, greca e uno in lingua ebraica.

Di particolare pregio sono gli esemplari ornati con illustrazioni xilografiche e calcografiche a figura, tra cui spiccano il De re militari di Valturio stampato da Giovanni da Verona nel 1472 (inc. 562), l’Aesopus moralisatus pubblicato a Verona da Giovanni e Alberto Alvise nel 1479 (inc. 504), con immagini colorate ad acquerello, il Processionarium domenicano stampato a Venezia da Johann Emerich nel 1494 (inc. 225), abbellito da notazioni musicali in rosso e nero. Tra i volumi miniati la raffinata edizione dei Trionfi del Petrarca pubblicata a Venezia nel 1478 (inc. 759) con lo stemma gentilizio di Galeazzo Pepoli.

 

Cinquecentine e le edizioni a stampa dei secoli XVII e XVIII

Convenzionalmente identificate come “manufatti” della produzione a stampa del XVI secolo, le Cinquecentine qui conservate non costituiscono un fondo unitario ed omogeneo. 

La stima di circa 10.000 esemplari è frutto di differenti acquisizioni della Biblioteca, avvenute nel corso della storia. Il primo nucleo risale ai trasferimenti, su disposizione imperiale datata 1780, della libreria del Collegio dei Gesuiti, in seguito alla soppressione della Compagnia per decreto di papa Clemente XIV nel 1773 e della libreria dell’Accademia Reale di Scienze e Lettere (odierna Accademia Virgiliana); tra gli ultimi decenni del Settecento e la prima decade dell’Ottocento avviene l’incameramento delle biblioteche delle congregazioni religiose di Mantova e del contado, in seguito alle soppressioni austriache e francesi; lasciti testamentari, donazioni e acquisti da privati o da librerie antiquarie nel corso dell’Ottocento, del Novecento e negli anni più recenti, hanno agevolato l’acquisizione di biblioteche personali appartenute non esclusivamente ad intellettuali mantovani, come quella del senatore veneziano Giacomo Soranzo (1518-1599); si ricordano, le biblioteche di personalità locali quali quelle di Gaspare Aborghi (1646-1715), Ferdinando Negri (1792-1863), Gaetano Susani (1771-1854), Carlo d’Arco (1799-1872), Cesare Norsa (1831-1890), Cesare Premazzi (1899-1980), Vittore Colorni (1912-2005). 

Un nucleo di circa 200 edizioni di Cinquecentine è il vanto della Biblioteca, in quanto pubblicate proprio a Mantova da editori e stampatori mantovani, come Giacomo Ruffinelli e Francesco Osanna: il contenuto dei testi narra della storia dei Gonzaga, di temi giuridici relativi a decreti vescovili, di regole monastiche, di attestati per indulgenze, di opere letterarie, di curiosità in campo medico come le Considerazioni sopra l’olio di scorpioni di Antonio Bertioli (Osanna, 1585). 

La Biblioteca Teresiana conserva un cospicuo numero di fondi di persona acquisiti tramite lasciti testamentari, donazioni e forme di deposito o comodato d’uso da parte di esponenti della cultura, ecclesiastici, politici, professionisti, artisti, studiosi di origine o di adozione mantovana. Si tratta di fondi di varia natura: librerie private ma anche fondi compositi, che possono includere documenti, carteggi, disegni, e, in alcuni casi, beni storico-artistici e collezioni naturalistiche.

L’acquisizione di tali tipologie di fondi ha accompagnato la storia della Biblioteca fin dalle sue origini ed ha contribuito alla definizione di una parte sempre più rilevante del patrimonio complessivo della Biblioteca. A titolo esemplificativo vengono, di seguito, indicati alcuni tra i fondi di persona conservati in Biblioteca.

Acquisizioni del XIX secolo sono il fondo librario e documentario del gesuita e letterato mantovano Saverio Bettinelli (Mantova 1718-1808); il fondo dello studioso, diplomatico, viaggiatore e collezionista mantovano Giuseppe Acerbi (1773-1846), composto da carte personali, diari e taccuini di viaggio, manoscritti relativi ai viaggi in Europa e alla permanenza in Egitto come console d’Austria, il carteggio, un erbario e una collezione di minerali e pietre preziose. Sempre nell’Ottocento la Biblioteca ha accolto il fondo, carte e carteggio, del professore, letterato e bibliotecario Ferdinando Negri (1792-1863), e la sua biblioteca composta da circa 8000 volumi.

Acquisizioni della prima metà del Novecento sono il fondo documentario e librario del filosofo, critico d’arte, professore e docente di estetica Mario Pilo (1859-1920) e il fondo documentario del filosofo Roberto Ardigò ( 1828-1920).

Nella seconda metà del Novecento vanno ad arricchire il patrimonio della Biblioteca la libreria dell’economista mantovano Eugenio Masé Dari (1864-1961); il fondo librario e archivio dell’ingegnere Cesare Premazzi (1899-1980); il fondo Francesco (1870-1931) ed Ettore Campogalliani (1903-1992), che comprende, oltre a lettere familiari, fotografie e ritratti, copioni autografi, burattini, locandine e borderò degli spettacoli realizzati da Francesco, commediografo, attore e burattinaio, al quale si affiancava, sovente, il figlio Ettore, compositore, pianista e insegnante di pianoforte e canto.  

Di proprietà di Regione Lombardia e in deposito a seguito di specifica convenzione nel 1998, rinnovata nel 2019, è il fondo dell’ingegnere e patriota Attilio Mori (1810-1864).

Acquisizioni del XXI secolo sono l’archivio e raccolta libraria di circa sei mila volumi di Vittore Colorni (1912-2005), docente storico del diritto, presidente dell’Accademia Virgiliana di Mantova dal 1963 al 1971, autore di saggi e pubblicazioni sugli ebrei in Italia e sulla comunità di Mantova e del Mantovano; l’archivio e la biblioteca, sopravvissuta ai bombardamenti della seconda guerra mondiale e alle distruzioni conseguenti alle leggi razziali di Umberto Norsa (1866-1943), studioso di lingue e letterature e traduttore dall’inglese, francese, tedesco, polacco, russo, ungherese, ebraico, sanscrito; la libreria e archivio dello storico e docente di Storia del Risorgimento, presidente dell’Istituto per il Risorgimento di Mantova Renato Giusti (1921-1984). 

A questi si aggiungono il fondo librario e le carte dello storico dell’arte Ercolano Marani (1914-1994), la biblioteca e l’archivio di lavoro della storica dell’arte Chiara Tellini Perina (1937-2010) e il fondo del padre, pittore, Giulio Perina (1907-1985); il fondo di Aldo Signoretti (1925-2015) regista e scenografo mantovano, con un lungo sodalizio con l’Accademia Teatrale Francesco Campogalliani, all’interno della quale ricoprì dapprima il ruolo di scenografo e successivamente quello di regista e di direttore artistico fino al 2009; l’archivio con una piccola biblioteca del pittore Giuseppe Facciotto (1904-1945); parte del fondo documentario e librario del giornalista e artista futurista Mino Somenzi (1899-1948).

L’acquisizione della raccolta libraria della Fondazione della Banca Agricola Mantovana, composta da una sessantina di volumi antichi e da più di 6000 volumi moderni, ha permesso alla Biblioteca di arricchire ulteriormente la sezione delle pubblicazioni sulla storia locale.

  

 

 

 

Non solo libro antico. La Biblioteca investe anche nell’accrescimento, nell’aggiornamento e nella valorizzazione delle collezioni del libro moderno. Fra queste, il Fondo Locale costituisce uno dei nuclei di maggiore incremento numerico e più frequente consultazione da parte del pubblico. 

Titolare del deposito legale, la Biblioteca conserva infatti il materiale stampato entro i confini provinciali, documentandone la ricca produzione culturale, e allo stesso tempo monitora il panorama editoriale nazionale e internazionale, al fine di acquistare le pubblicazioni di interesse mantovano stampate al di fuori del territorio. 

Il patrimonio è così aggiornato costantemente attraverso l’acquisto di nuovi libri, riviste e periodici moderni, collane e opere in continuazione, repertori e cataloghi specialistici. 

Ulteriori incrementi vengono acquisiti tramite varie forme giuridiche di cessione (come lasciti, donazioni, comodati), andando a costituire Fondi speciali e Fondi librari di enti o di persona, sempre più spesso comprendenti materiale moderno di ragguardevole interesse. 

Un patrimonio moderno che include anche nuove acquisizioni di pregio, come le raffinate pubblicazioni di Alberto Tallone Editore, inconfondibili nella loro veste tipografica ricercata e originale, o le creative sperimentazioni artistiche di Corraini Edizioni: esempi tangibili della storia del design tipografico, perfettamente coerenti con le specificità e le rarità delle collezioni della Biblioteca. 

 

La Biblioteca conserva oltre 1.000 titoli di periodici di interesse locale, dei quali più di 200 sono le testate iniziate entro l’anno 1830: giornali italiani o stranieri, avvisi politici, riviste di arte o storia, fogli scientifici o letterari, titoli di varie accademie e istituzioni. 

Un posto di rilievo è occupato dalla «Gazzetta di Mantova». Fondata nel 1664 come «Aviso» di avvenimenti politici, è oggi riconosciuta come il giornale più antico d’Italia e del mondo: il primo numero qui conservato risale al 31 ottobre 1670. 

Fra gli altri titoli più antichi, si ricordano due periodici “giacobini”, espressione dei patrioti mantovani inneggianti alla repubblica durante la dominazione francese: il «Giornale degli amici della libertà italiana» (1797-1799) e «Le Journaliste bloqué» (1799). 

Allo stesso periodo risale la stampa del periodico culturale «Novelle politiche-letterarie» (1805), promosso probabilmente da Leopoldo Camillo Volta, il primo prefetto dell’Imperial Regia Biblioteca. 

Con la Restaurazione e i vincoli della censura governativa, la «Gazzetta di Mantova» restò, con poche eccezioni, l’organo d'informazione ufficiale. In Teresiana si conservano anche i numerosi periodici locali che, spesso in esemplari unici o estremamente rari, furono stampati a partire dalla metà dell’Ottocento sulla spinta del processo risorgimentale, dando voce a strati più o meno larghi dell’opinione pubblica, laica e religiosa, anche attraverso la cifra umoristica e satirica, che ha contraddistinto per esempio il dialettale «Mah!!!...» (1885-1900) o «Il Ficcanaso» (1900). 

All’inizio del nuovo secolo alcune riviste si distinsero per originalità, come «Il Merlin Cocai» (1896-1897, 1903- 1907), settimanale illustrato dalle caricature di Giuseppe Scalarini; «La Sfinge virgiliana» (1899), rara pubblicazione di enigmistica classica; la rivista futurista «Procellaria» (1917-1920) o quella dadaista «Bleu» (1920-1921). 

Destinataria degli esemplari d’obbligo stampati sul territorio provinciale, la Biblioteca continua tuttora ad accrescere la raccolta pubblicistica locale e a promuoverne la conoscenza. 

I giornali storici più rappresentativi sono infatti digitalmente consultabili sul portale della Biblioteca Digitale Teresiana (BDT) e su quella Regionale (BDL): 40 testate, che vanno dal 1665 al 1972. 

Tre secoli di stampa periodica mantovana.

All’interno del Fondo dei Manoscritti sono conservate anche tre carte nautiche, in pergamena.

La più antica (ms. 1032) è di autore anonimo ma attribuibile a Salvat da Pilestrina, e fu realizzata nell’ultimo quarto del secolo XV. 

Descrive il globo terracqueo conosciuto e le rotte marine che collegano i vari continenti: raffigura, in stile nautico catalano, parte dell'Europa occidentale, fino alla Danimarca, il Mar Mediterraneo, in posizione centrale, parte dell'Africa settentrionale e parte dell'Asia occidentale, fino al Mar Nero e alla Crimea. , con molte decorazioni in miniatura. La carta associa elementi geografici realistici - linee costiere, catene montuose, vedute urbane con chiese e torri, percorsi fluviali - a elementi iconografici e decorativi ancorati alla tradizione cartografica tolemaica e alla tradizione culturale medievale - villaggi esotici, animali fantastici, figure mitologiche e figure umane con tratti deformi e mostruosi.

L’atlante geografico e di navigazione eseguito da Angelo Freducci ad Ancona nel 1556 (ms. 646) è costituito da nove tavole in pergamena montate su cartone e assemblate in forma di libro snodato e apribile nei due sensi. La ricchezza delle informazioni tecniche, geografiche, toponomastiche attestano la ricezione delle progressive conoscenze cartografiche in continuo aggiornamento in relazione alle progressive scoperte ed esplorazioni geografiche. I territori rappresentati sono: Florida, Grandi e Piccole Antille, coste atlantiche dell’America Centrale e del Sud America; Costa Atlantica dell’Africa, Europa e Isole britanniche; Italia, Austria e costa nordafricana di Tunisi e Tripoli; Mar Nero e Mar Mediterraneo Orientale, valle dei fiumi Tigri ed Eufrate; Mar Caspio, Armenia e Persia; Arabia, Mar Rosso e Golfo Persico; Penisola indiana Sri Lanka e Golfo del Bengala.

La terza carta nautica, realizzata da John Daniell a Londra nel 1642 (ms. 136), è applicata su quattro tavole di legno, incardinate a soffietto. Raffigura l’intero bacino del Mare Mediterraneo da Gibilterra a Costantinopoli e buona parte del Mar Nero fino alla Crimea. Il profilo costiero è sviluppato con un buon livello di dettaglio e di proporzione geografica: sono segnati i toponimi dei principali porti, mentre le macroregioni costiere sono segnalate solo con la loro denominazione tradizionale. La carta nautica fa parte del nucleo dei manoscritti provenienti dal monastero benedettino di San Benedetto in Polirone, in seguito alla soppressione del monastero nel 1797.

 

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